di Yanez de Gomera – Lucca Times ne ha parlato con l’avvocato Stefania Frandi, responsabile nazionale dell’area legale del sindacato balneari Sib – Confcommercio
Sembra ormai profilarsi l’inevitabilità delle gare per le concessioni balneari. Cosa succederà agli operatori del settore?
“In effetti, la normativa in vigore, prevede l’avvio delle pubbliche evidenze a breve. I balneari sono quindi in forte apprensione sia per il fatto che la normativa in vigore non è ancora stata modificata dal governo come era stato promesso che per il fatto che le regole che dovranno disciplinare questo passaggio non sono ancora state scritte e potrebbero essere rimesse alla completa discrezionalità degli Enti concedenti, con possibilità di gravi disparità di trattamento.”
La risposta del Governo non è stata quella che la categoria auspicava all’indomani delle elezioni politiche del 2022?
“La risposta del Governo non c’è proprio stata ad oggi. La categoria ha ancora fiducia che la premier terrà fede alle promesse elettorali ma il tempo sta stringendo e siamo ormai fuori anche dalla zona cesarini.”
Anche il consiglio di stato si è espresso non in modo favorevole al settore, soprattutto pensando anche alla visione relativa alla questione della scarsità delle risorse. “Il consiglio di stato non ha fatto che applicare la normativa in vigore e le sentenze della corte di giustizia nel momento in cui ha affermato l’impossibilità di andare avanti con proroghe automatiche e generalizzate. Sulla scarsità della risorsa invece i balneari credono si sia fatto un errore nel non considerare i risultati del tavolo tecnico interministeriale a cui hanno partecipato tutti i ministeri competenti, le regioni, le capitanerie e tutti gli enti interessati. In ogni caso, il sindacato italiano balneari di Confcommercio crede che il consiglio di stato abbia ancora una volta travalicato le proprie competenze e impugnerà davanti alle Sezioni Unite della Cassazione le sentenze recentemente emesse.”
Secondo lei c’è ancora una speranza per evitare le gare?
“Non è questione di evitare le gare o meno. Le concessioni balneari nascono con metodi di evidenza pubblica e sono sempre state rinnovate con trasparenza. L’articolo 18 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione è sempre stato utilizzato dalle capitanerie nel momento del rinnovo/proroga dei titoli. Oggi abbiamo, abrogato il diritto di insistenza, bisogno di una legge che possa contemperare le esigenze di una maggiore concorrenza, come ci chiede l’Europa, con i diritti degli imprenditori che hanno investito nelle loro aziende confidando nelle Leggi dello Stato.”
Non c’è il rischio che possano arrivare investitori lontani da logiche turistiche alle quali siamo abituati e che rendano le spiagge un bene ancora più esclusivo aumentando i prezzi?
“Ma certo! In un mercato privo di regole, improntato solo alla massimizzazione del profitto senza alcuna considerazione e tutela di tra tradizione balneare centenaria che tutto il mondo ci invidia, il rischio è proprio quello. Basta vedere ciò che è già successo in Veneto dove grandi gruppi hanno preso il posto dei vecchi concessionari con il risultato che i prezzi sono aumentati esponenzialmente, con buona pace di chi, credendo ancora alla favoletta della Bolkenstein che creerà più spiagge libere, sperava di andare al mare con costi minori.”
E’ vero che ai concessionari che perderanno le gare non spetterà nessun indennizzo?
“Niente affatto. Questa è un affermazione basata su una lettura sbagliata e frettolosa dell’ultima sentenza della corte di giustizia. La sentenza di giovedì scorso tratta solo della sorte dei beni di difficile rimozione che rimangono sul demanio alla scadenza della concessione. I concessionari però hanno diritto e rivendicare il valore aziendale che potrebbero perdere, che è qualcosa di diverso e più ampio, di cui fanno parte tutti i beni materiali e immateriali organizzati per l’esercizio dell’attività di balneazione, come per esempio l’avviamento, il brand, le attrezzature e così via. La copertura normativa è quella dell’articolo 17 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, in via generale, quella della legge Draghi. Urgente che il governo intervenga per dettagliare limiti e contenuti di una riforma normativa che pare già delineate nei suoi punti fondamentali.“
Un nome del plume, celando la propria identità per dare forza alle parole e non all’identità del giornalista che le scrive.