Cronaca della Piana

Capannori – Impianto pannoloni a Salanetti: martedì 11 attesa la risposta del Tar

di Cinzia Guidetti – La raccolta firme per il ricorso ha riscosso un notevole successo sia nel Comune di Capannori, dove l’impianto dovrebbe essere realizzato, sia in quello di Porcari, dove l’impianto disterebbe circa 100 metri

E’ attesa per martedì 11 la risposta del Tar dopo il ricorso presentato dai comitati lunedì 13 maggio che sperano, a questo punto, nella sospensiva.

La raccolta firme e la raccolta fondi organizzata ha riscosso un notevole successo sia nel Comune di Capannori, dove l’impianto dovrebbe essere realizzato, sia in quello di Porcari, dove l’impianto disterebbe circa 100 metri.

Realizzato da RetiAmbiente (che fa capo a circa 100 comuni tra Pisa, Livorno e Massa Carrara in collaborazione con Ascit), e voluto dall’amministrazione Menesini e appoggiato dal candidato sindaco Giordano Del Chiaro (che all’ultimo confronto – lunedì 3 giugno – non ha partecipato dichiarando che si trattava di “Una farsa messa in piedi dai sostenitori del centrodestra di Capannori e di Porcari, con l’unico obiettivo di disinformare e creare casino”), e appoggiato anche dal Centro Rifiuti Zero di Capannori e il suo coordinatore Rossano Ercolini, dovrebbe lavorare 10mila tonnellate all’anno di pannoloni/pannolini, 200 tonnellate al giorno, consumando 4mila 705 metri cubi di acqua prelevata dall’acquedotto comunale, e 1 milione 900mila metri cubi all’anno di gas metano utilizzato, 7,5 MWh di energia elettrica consumata, lavorando 40 tonnellate all’anno di sostanze chimiche sbiancanti e deodoranti.

Il progetto prevede lo scarico dei reflui, sia di natura domestica che industriale a valle del trattamento nella fognatura pubblica. La portata allo scarico sarà circa di 3 mila metri cubi all’anno. La tecnologia di recupero dei pannoloni, va ricordato, che è stata sviluppata a scala industriale solo negli ultimi anni e in Italia è stato autorizzato nel 2019 il primo impianto in scala industriale a Lovadina di Spresiano in provincia di Treviso, il quale al momento risulta chiuso.

Inoltre sono previsti dalle ore 6 alle ore 22 circa, 35 viaggi di media al giorno di mezzi con relative emissioni. Le acque meteoriche da gestire in impianto proveniente da tetti, lavaggi e impianti, saranno indirizzate nel reticolo idrografico superficiale, e il processo prevede un recupero del materiale in ingresso di circa il 30% tra plastica e cellulosa, mentre il restante 70% dovrà essere smaltito tra depuratore e discarica.

Quello che preoccupa i comitati è il rischio di sversamento di liquidi, il sovraccarico dell’impianto di depurazione, l’aumento di rumore e di traffico e ai cattivi odori, ma anche il fatto che l’impianto si troverebbe in zona P3, cioè una di quelle aree a pericolosità per alluvioni frequenti.
Inoltre la piana, dove spesso si fanno ordinanze per tutelare la qualità dell’aria, risulta essere già molto penalizzata e l’aumento del traffico di mezzi diretti all’impianto non farebbe altro che peggiorare la situazione.

Il rappresentante dei Comitati ambientali della Piana, Liano Picchi, ha portato all’ultimo incontro (quello di lunedì 3 ndr) due documenti: uno di Aquapur che riporta: “Il nostro impianto è basato sul trattamento biologico a fanghi attivi, principio su cui è incentrato il processo depurativo; tale principio non è specificatamente progettato per il trattamento/abbattimento dei PFAS (quelli chiamati inquinanti eterni ndr). Quanto suddetto è valido sia per la configurazione attuale che per quella relativa al primo stralcio funzionale”.

E uno di Waste Europa dove il Team di Zero Waste Europa risponde: “Attualmente però non è economicamente fattibile avvisare il riciclo dei pannolini, come ha dimostrato l’esempio della Fater di Contarina (Lovadina di Spresiano ndr). I pannolini sono costosi da raccogliere e da trattare e i ricavi generati dalle vendita di materiali riciclabili non compensano nemmeno i costi del trattamento. Pertanto, a meno che non vi siano forti sovversioni, sarà difficile che il riciclo dei pannolini funzioni, e se ci sono soldi per sovvenzionare i costi del riciclo preferiremmo che le autorità pubbliche li investissero in sistemi di riutilizzo a circuito chiuso per i pannolini lavabili”.

Dal comune di Capannori (in data 12 settembre 2023) nel procedimento di verifica di assoggettabilità viene fatto presente che “il progetto non è conforme al regolamento urbanistico vigente e al piano strutturale vigente”.

Come è stato possibile – domanda Picchiinviare una richiesta per richiedere contributi PNRR su di un progetto il cui parere tecnico era negativo e addirittura contrastante con il regolamento urbanistico?

Ad appoggiare l’impianto anche Legambiente che ha voluto fare alcune precisazioni: “Un impianto che lavorerà come una grande lavatrice – si legge nel comunicato -, dove pannolini e pannoloni saranno lavati e sterilizzati, poi la cellulosa sarà divisa dalle plastiche, in un procedimento volto a minimizzare gli odori”.

Nel caso specifico – spiega Andrea Minutolo, responsabile del comitato scientifico di Legambiente – , avvenendo il trattamento dei materiali in luoghi chiusi, controllati, depressurizzati, in maniera che la componente odorigena possa essere circoscritta all’interno degli edifici predisposti al loro trattamento e, successivamente, convogliata in filtri che ne abbattono il carico, ciò implica che l’impatto è da considerarsi praticamente nullo sui possibili ricettori all’esterno dell’impianto. Nella documentazione prodotta dal proponente – prosegue Minutolo -, inoltre, si evince come il triplo strato di filtri sia la migliore soluzione impiantistica scelta e che quindi la componente odorigena è, di fatto, circoscrivibile alla sola movimentazione dei rifiuti verso l’impianto. Ma è da sottolineare che questo aspetto prescinde dall’impianto, perché quel tipo di movimentazione avverrebbe ancor di più ove fosse diversa la destinazione finale, ovvero una discarica.”

L’economia circolare si nutre di visioni, di obiettivi e di valori, ma per essere attuata necessita di impianti. Ciò nondimeno, essi, una volta calati sul territorio, incontrano spesso vita difficile. Per disinnescare paure, preoccupazioni (anche legittime) e diffidenze, occorre la massima trasparenza e il miglior coinvolgimento dei cittadini – dichiara Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana –. Legambiente, da sempre sostenitrice di un approccio rigorosamente basato sull’ambientalismo scientifico, richiama l’attenzione sulla necessità di rendere pubblici gli approfondimenti tecnici sul progetto, tanto da poter immaginare sin d’ora un processo partecipativo sull’impianto di Salanetti. Il confronto, sereno e scevro da pregiudizi, sul merito di un progetto impiantistico è il miglior punto di partenza e il miglior antidoto per uscire dalla logica del NO a prescindere, perché una cosa ci è molto chiara. Occorre infrastrutturare il Paese con impianti di riciclo innovativi se vogliamo davvero abbandonare soluzioni e tecnologie obsolete come discariche e inceneritori”.

Al comunicato di Legambiente ha risposto Picchi: “Abbiamo la riprova che stiamo ostacolando forti interessi e le risposte del “ fuoco nemico” non si sono fatte attendere – esordisce così -. In testa Legambiente regionale che ha scomodato addirittura il ‘suo comitato scientifico nazionale’ per convincere le popolazioni locali a subirlo e magari anche a non ostacolare l’amministrazione di Capannori che lo porta avanti. Le rassicurazioni del responsabile nazionale dr Minutolo, francamente ci sono sembrate piuttosto superficiali e pressapochiste (la grande lavatrice), ma lo scusiamo in quanto da geologo non è propriamente formato sui temi legati alle emissioni, mentre ci meraviglia molto che non abbia fatto menzione alcuna circa la elevata pericolosità idraulica del sito scelto, che invece molto più propriamente riguarderebbe le sue competenze in materia”.

All’inizio ritenevamo che la difesa a spada tratta dell’impianto di Legambiente fosse unicamente motivata dalla vicinanza di Ciacci all’associazione e del candidato Del Chiaro (ex presidente della sezione Piana) – incalza Picchi -. Facendo ricerche sul web abbiamo però saputo che la Fater, l’azienda che detiene il brevetto acquisito da Retiambiente e Ascit, è una joint venture di comproprietà della multinazionale statunitense Procter & Gamble che da anni finanzia una serie di progetti di Legambiente. Ci domandiamo è eticamente corretto ricevere finanziamenti da multinazionali e poi prodigarsi a sostenere la validità tecnica dei loro progetti?”

L’impianto verrà finanziato con 10 milioni dei fondi PNRR. L’annuncio del progetto a Salanetti è del 12 agosto 2023 – racconta Picchi a Lucca Times -, il piano intercomunale in cui si parla anche dell’ampliamento dell’isola ecologica e dell’area produttiva a Salanetti è del 27 dicembre 2023, e la pubblicazione dell’esclusione dalla valutazione di impatto ambientale è del 13 marzo: in tutti questi casi, nessuno ha parlato dell’impianto finché non è partita la mobilitazione a Porcari“.